Vuoti pieni, ossimoro creativo

Ricerca visiva e curatela del polimaterico tombato

La ricerca, e quindi la raccolta di alcuni lavori inseriti nelle pagine del blog, nasce dalla volontà di dialogore per esplicitare una pratica che non cerca la bellezza, ma la verità stratificata. Non l’esposizione, ma la resistenza. È il frutto di una ricerca che intreccia materiali umili, consumo infantile, memoria urbana e gesto pedagogico.

La chiamata che guida questo lavoro è semplice e radicale: come trasformare ciò che è quotidiano, consumato, dimenticato in testimonianza visiva e civile?

Il polimaterico tombato è materia che resiste

Le opere qui presentate sono composte da frammenti di packaging commerciale—scatole che trovano posto sulle tavole delle famiglie, sempre, in qualsiasi momento, a colazione e per gli snack delle pause giornaliere, generi alimentari e non, che abbandonano la pelle originale talmente diffuse da essere ignorate: etichette, scarti di merendine consumate, cartoni—accostati a reti, gessi, vernici, tessuti. Non per creare collage decorativi, ma per costruire superfici che resistono alla lettura immediata.
Il termine “polimaterico tombato” indica una pratica che stratifica e copre. Tombare, in questo contesto, non è negare: è proteggere, interrogare, custodire. È il gesto di chi sceglie di non mostrare tutto, di chi resiste all’obbligo della trasparenza e della seduzione visiva.

In edilizia, un “vuoto tombato” è uno spazio chiuso, che non genera volumetria. Non si vede, non si conta. In arte, diventa metafora di ciò che è stato vissuto ma non esposto, di ciò che insiste sotto la superficie.

La curatela che accompagna queste opere non è ordinatrice, né esplicativa. È una pratica di ascolto e di proposta interattiva. Ogni opera è una soglia tra il visibile e l’invisibile, tra il consumo e la memoria, tra l’infanzia mercificata e la testimonianza adulta.

Il brand commerciale, visibile a tratti, diventa reliquia. La materia che lo copre—plastica, colore, tessuto—non lo cancella, ma lo trasforma. La curatela non attraversa questa soglia con violenza interpretativa, ma l'accompagna con rispetto.

La ricerca è testimonianza che nasce dal vissuto: dal lavoro operaio e impiegatizio, dalla famiglia, dalla didattica universitaria, dalla strada, dalla quotidianità degli usi e dei costumi; dalle coercizioni e dall'invadenza. Dalla mercificazione selvaggia del nostro vivere la società dei consumi. È una forma di testimonianza che non cerca il mercato, ma la coscienza.

Uso materiali poveri perché parlano. Uso il tombamento perché protegge. Uso la stratificazione perché resiste. Ogni opera è una tomba che parla. Ogni superficie è una memoria che non si espone, ma si interra per durare. E' memoria.

Questa pubblicazione non è un catalogo, ma un archivio aperto. Non una mostra, ma un cantiere. Le immagini, le riflessioni, le didascalie non illustrano, ma interrogano. Il lettore non è spettatore, ma testimone.
Ogni pagina è una soglia. Ogni opera è una domanda. Ogni strato è una possibilità di lettura. La curatela diventa allora forma di pedagogia civica, dove il gesto artistico incontra la riflessione etica.


Tombare non è chiudere. È ricordare diversamente.
Questa è la mia ricerca. Questa è la mia testimonianza. E se vorrai attraversarla, non ti chiederò di capire, ma di ascoltare.


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