Minime navigazioni

“Navigazioni Minime: Metamorfosi di un’Archeologia Quotidiana”

L’opera nasce da un gesto di raccolta e composizione: carta da pacchi, coccarde, cravatte di pasticceria, un uovo. Oggetti marginali, residui domestici, diventano protagonisti di una narrazione visiva. La barchetta di carta non è solo un gioco infantile, ma un vettore di memoria e migrazione. L’uovo, simbolo di origine e fragilità, si affianca come testimone silenzioso.

La cravatta lucida, riflettente, introduce il tema della visibilità e dell’ornamento. È un travestimento, una maschera sociale, ma anche una vela che cattura la luce. La coccarda, segno di celebrazione o di lutto, diventa emblema di una resistenza estetica. Ogni elemento è carico di ambivalenza: decorativo e precario, festivo e residuale.

La digitalizzazione dell’opera non è mera riproduzione, ma atto di trasfigurazione. L’oggetto assemblato si smaterializza, si fa immagine, codice, traccia. In questo passaggio, la memoria del gesto manuale si conserva come eco visiva. L’opera diventa testimone di una soglia: tra il tangibile e l’evanescente, tra il qui e l’altrove.

La curatela si propone come atto di orientamento: non solo esposizione, dunque, ma interpretazione e alleanza. L’opera invita a riflettere su ciò che resta e ciò che si perde nel passaggio tra materia e immagine. È una cartografia poetica dell’esclusione e della reinvenzione, dove ogni frammento diventa segno di una possibile comunità intenta a giocare.

Un gioco che non è evasione, ma rivelazione.
Un gioco che prende sul serio la leggerezza, come diceva Calvino.
Qui la barchetta non galleggia su acque infantili, ma su correnti di memoria e disincanto. L’uovo non è solo nascita, ma anche attesa, fragilità, promessa. La cravatta lucida da pasticceria diventa vela, travestimento, ironia sociale.

Questo assemblaggio è un gioco che smonta il quotidiano per ricomporlo in forma di domanda.
Chi decide cosa è arte?
Cosa resta quando la materia si dissolve in pixel?
Come si può navigare, anche con materiali poveri, verso una dignità condivisa?

Navigazioni Minime: Giocare per Riflettere

In un tempo di sovrapproduzione e smaterializzazione, questa opera invita a rallentare. Un assemblaggio di materiali poveri—carta da pacchi, cravatta lucida da pasticceria, coccarda, uovo—diventa scena simbolica, fragile e ironica. La barchetta non è solo gioco infantile, ma vettore di memoria e migrazione. L’uovo, sospeso accanto, è promessa e precarietà. La vela riflettente, fatta di scarti, cattura la luce come un sogno sociale.

Attraverso il gesto ludico, l’opera interroga: cosa resta quando la materia si dissolve? Quali memorie si salvano nel passaggio al digitale?
La digitalizzazione non cancella, ma trasfigura. L’oggetto si fa immagine, traccia, testimonianza.
Giocare, qui, è un atto serio: una forma di resistenza poetica, una cura del dettaglio, una navigazione verso l’altro.


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