L'urlo della ferita silente, 1989

 




 Opera polimaterica, 1989

In questa composizione, la materia non si limita a esistere: grida. È plasmata con gesto deciso, quasi rituale, eppure conserva le sue ferite, le sue resistenze. La superficie è un campo di tensioni: rilievi che emergono come memorie stratificate, lacerazioni che aprono varchi nel tempo, pigmenti che non decorano ma denunciano.

La plastica intensità dell’opera non è solo formale: è etica. Ogni elemento – cellulosa, gesso, colore – è chiamato a testimoniare. Non c’è compiacimento estetico, ma una volontà di coinvolgimento. Lo spettatore non può restare neutro: è invitato a entrare, a toccare con lo sguardo, a lasciarsi interrogare.

La materia qui è corpo e parola. È il luogo dove il gesto dell’artista incontra la resistenza del mondo. E in questo incontro, si genera bellezza: non quella levigata e distante, ma quella viva, che pulsa nelle crepe, che vibra nelle tensioni.

Opera di grande intensità plastica e poetica, capace di evocare il dramma e la speranza, la ferita e la cura. Un frammento di mondo che si fa visione.





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