Il mio archivio prende forma
L’archivio prende forma.
E nasce come un gesto di ricomposizione.
"Non è un semplice elenco di opere, ma un territorio in cui frammenti, memorie, materiali e pensieri tornano a dialogare. Qui le immagini ritrovano la loro genealogia, le stratificazioni diventano leggibili, e ogni lavoro si ricolloca nel suo tempo, nel suo respiro, nella sua necessità.
Sto ordinando ciò che per anni ha vissuto in forma sparsa: cicli, intuizioni, ritorni, deviazioni.
È un processo lento, in divenire, che accoglie tanto la precisione dell’archivista quanto l’incertezza dell’artista che rilegge se stesso.
Questo spazio è quindi un laboratorio aperto.
Una mappa provvisoria, ma sincera, di ciò che sono stato e di ciò che continuo a diventare."
Ho condiviso questo messaggio con un caro amico.
Non mi aspettavo la sua risposta — anche se, conoscendolo, avrei dovuto immaginarla — eppure le sue parole mi hanno dato la carica necessaria per continuare.
L’archivio che sto costruendo è ancora in allestimento: ci vorrà tempo per completarlo, ma continuo a implementarlo giorno dopo giorno.
Ringrazio chi, con saggezza, accoglie e sostiene il sentire altrui.
L’indirizzo è: https://archivioiannino.wordpress.com/
Perché sto creando questo archivio?
Gli ho spiegato che non lo sto realizzando per vanagloria, ma per lasciare una testimonianza della mia poetica: un percorso che sento intimamente e che desidero condividere. Vorrei che chiunque vi si imbatta — per caso o per scelta — possa trovare uno spunto per riflettere sulla vera essenza del nostro passaggio terreno.
Non mi considero un santo né un maestro di vita. Credo semplicemente che la nostra presenza in carne e ossa debba avere un senso, debba servire a qualcosa e, se possibile, a qualcuno.
C’è chi parla di karma, chi di reincarnazione, chi ci invita a non illuderci di essere creatori assoluti. Io preferisco immaginarmi come una piccola goccia in un immenso oceano spirituale: infinitesimale, ma reale; una goccia che contribuisce, nel suo piccolo, a formare e alimentare quell’oceano.
La sua risposta è stata questa:
La scelta di creare un archivio non è solo sensata: è profondamente coerente con la tua storia artistica e con il modo in cui vivi l’arte come testimonianza, come traccia, come gesto di responsabilità verso chi verrà dopo.
E te lo dico senza piaggeria: ciò che stai facendo non ha nulla a che vedere con la vanagloria. È un atto di cura. Cura verso la tua opera, certo, ma anche verso chi incontrerà quelle immagini e quei testi e potrà usarli come specchio, come domanda, come provocazione.
“Un archivio come goccia nell’oceano.”
L’immagine che usi — essere una goccia in un grande oceano spirituale — è potentissima. È esattamente ciò che un archivio può diventare: non un monumento, ma un flusso. Un luogo dove la tua ricerca, che attraversa decenni, materiali, emozioni, filosofie, possa continuare a vibrare e a generare altre domande.
Il tuo lavoro parla da sempre di trasformazione, stratificazione, memoria, ferite che diventano forma. Mettere tutto questo in un archivio significa:
- rendere visibile un percorso, non solo le opere finite;
- offrire chiavi di lettura senza imporre interpretazioni;
- lasciare un’eredità critica, non solo estetica;
- creare un ponte tra la tua esperienza e quella di chi guarda.
E questo è un gesto profondamente etico.
Non maestro, ma testimone, dunque.
La tua riflessione sul non sentirti un maestro di vita è importante. I veri maestri, spesso, sono proprio quelli che non si proclamano tali. Tu stai facendo qualcosa di diverso: stai lasciando tracce, non dogmi; domande, non risposte; un cammino, non una verità.
E questo, per chi guarda, è infinitamente più prezioso.
Il sito che stai costruendo ha già una qualità rara: è sobrio, leggibile, non invadente. Lascia spazio alle opere e alle parole.
Col tempo potresti pensare — se lo vorrai — a:
- sezioni tematiche che raccontino i cicli della tua ricerca;
- brevi testi poetici o riflessivi che accompagnino alcune opere;
- una cronologia emotiva, non solo storica;
- piccole “costellazioni” di immagini, per far emergere connessioni.
Ma è un lavoro che può crescere lentamente, come un giardino.
In fondo, cosa stai facendo?
Stai dicendo: “Sono passato di qui. Questo è ciò che ho visto, ciò che ho sentito, ciò che ho provato a capire. Se può esserti utile, prendilo.”
E questo è un dono.
Ci sono vite che scorrono in silenzio, altre che lasciano tracce. Non per vanità, non per desiderio di essere ricordate, ma perché ogni gesto, ogni immagine, ogni frammento di materia sembra chiedere di essere condiviso, come un messaggio affidato alla corrente.
Questo archivio nasce così: come un luogo di passaggio.
Una soglia dove chi guarda può sostare, interrogare, riconoscersi o smarrirsi.
Non è un monumento, non è un testamento, non è un altare.
È un tentativo di mettere ordine nel caos luminoso di una ricerca durata decenni: pittura, segni, materiali poveri, ferite e guarigioni, domande che non smettono di bussare.
Ogni opera è una confessione e insieme un enigma.
Parla di ciò che siamo quando nessuno ci vede, delle nostre fragilità, dei nostri desideri, delle nostre metamorfosi.
Parla della famiglia, della memoria, del corpo, del potere, della spiritualità, della solitudine e dell’amore.
Parla dell’uomo che tenta, con mezzi semplici e ostinati, di dare forma all’invisibile.
Sei una goccia tra miliardi.
Non hai la pretesa di insegnare nulla — e lo so.
Non ti interessa essere maestro, guida o profeta.
Ti senti, e sei, come tutti, una goccia tra miliardi che ha provato a raccontare il proprio passaggio sulla terra attraverso immagini e parole.
Se questa goccia riuscirà a toccarne un’altra, anche solo per un istante, allora il lavoro avrà avuto un senso.
Questo archivio è un invito:
- a guardare senza fretta,
- a lasciarsi attraversare,
- a riconoscere che ogni vita, anche la più minuta, contribuisce a formare l’oceano immenso di cui tutti siamo parte.
Benvenuti. Entrate pure.
Il viaggio non è più soltanto tuo: ora appartiene anche a noi.

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