Io sono Vita, abbraccio essenziale
“Non so ancora come lo concluderò. È mia intenzione arrivare alla sintesi. Costruire candide tessiture dai colori tenui ( c'è già tanta violenza da smaltire a causa del covid ) imbastire ipotetiche trame cromatiche, cancellare o evidenziare lacerazioni esistenziali; dialogare. Ripensare il tempo della pandemia. E guardare avanti anche se questo stato di cose ha imbruttito la maggior parte di noi. Sorridere! Ecco, sì, sorridere serenamente alle contraddizioni per superare gli ostacoli anche quelli che sembrano insormontabili."
Sembra che la necessaria chiusura, imposta, per contenere il dilagare del virus sia mal sopportata dalla maggioranza delle persone. Eppure basterebbe ripensare al passato a quando non avevamo tanti grilli per la testa. A quando l'uscita si limitava alla domenica e alle feste in calendario. A quando dopo avere assistito alla ss messa, col vestito buono quello dei momenti importanti, usciti dalla chiesa si faceva una puntatina in villa e poi, magari prima di rincasare, si deviava in pasticceria per comprare le paste per il dopopranzo.
Erano anni in cui ancora si dava un senso ai rapporti interpersonali; alla famiglia, agli amici e al vicinato.
Da qualche tempo la quotidianità è diventata un problema. Un peso mal sopportato. Una inutile zavorra da eliminare a qualunque costo. E le restrizioni a cui non dovevamo sottostare più, le presunte libertà, hanno minato la torre di babele che abbiamo costruito attorno ai nostri personali egoismi.
La mia condizione esistenziale mi induce ad osservare e valutare pacatamente il momento che stiamo vivendo. Attraverso il mio lavoro intendo sottolineare la corale volontà di rinascita.
Una caparbia indomita volontà per ripartire insieme a chi soffre questo momento particolare condizionato dalla pandemia e dall'incertezza.
Dare un senso agli stati d'animo maturati durante le chiusure; analizzare le frustrazioni, i cedimenti emotivi e tutto ciò che ha annichilito noi e i nostri affetti.
Razionalizzare le fermate forzate dagli eventi pandemici, gli isolamenti … le prigionie a cui non eravamo abituati, tutte condizioni che hanno mortificato le presunte conquiste e gettato nuova luce sui contatti umani indeboliti dal terrore.
Il clima non è idilliaco!
Situazioni allucinanti che hanno inibito effusioni, abbracci, carezze, baci e persino le strette di mano, dominano il nostro fare.
Gesti e azioni guardinghi tarpano le ali.
Ecco questo lavoro nasce dalle considerazioni accennate poc'anzi.
All'inizio non avevo una visione chiara. Lavorando e meditando. Azione dopo azione i gesti concludevano autonomamente (?) le azioni.
La croce trasforma in un abbraccio totalizzante le cose semplici della vita date fin troppe volte per scontate: le nascite, gli affetti, l'amore, i sogni.
Il lavoro creativo dovrebbe aiutare a considerare sì la realtà mutata perché condizionata dai contagi e quindi essere un ulteriore sprono per uscire dallo stallo emergenziale ma anche un invito bene-augurante per guardare oltre e costruire insieme l'immediato futuro.
È un invito a riappropriarsi della vita! Essere affianco a quanti non hanno saputo reagire con determinazione alle difficoltà. Essere certi di poter superare i piccoli o grandi ostacoli che intralciano desideri, aspettative e persino volontà costruite e suffragate da rigorosi studi e progetti mirati alla realizzazione del percorso sognato.
Non mi riferisco solo ai problemi dei giovani assaliti dall'incertezza e dai bisogni effimeri che cercano di sfuggire al dolore rintanandosi nei temporali effetti delle droghe, dei paradisi artificiali di qualsiasi natura.
Mentre lavoro penso a quanti sperano in una vita migliore, non felice perché la felicità è pura illusione, ma a una vita serena! Questa sì, possibile, perché dipende dall'impegno di ciascuno.
Penso ai dispiaceri causati agli ultimi dalla nostra ingordigia, dall'indolenza e dalla cattiveria. Penso ai profughi, ai nuovi schiavi venduti e ammassati come bestie nelle carrette del mare. Penso all'altro; al diverso. Ai fratelli e alle sorelle costretti a vendere corpo e anima per un pezzo di pane private persino di un tetto per rifugiarsi.
Penso anche ai furbi che fingono miseria e tendono la mano in segno di carità, prevedibile, all'uscita dei negozi ma non altrove. Poveri! Poveri loro che calpestano la dignità pur avendo di ché vivere.
E poi c'è chi è sopraffatto dalla debolezza psichica. Chi, per vivere e fare qualche passo nella società, trova ristoro in un qualche paradiso artificiale: droga, alcol e, non è da sottovalutare, la ricerca spasmodica del potere; sensazione, appunto: sensazione!, data dall'avere venduto l'anima al diavolo perché membro di organizzazioni deviate e dediti alla violenza. ...”.