Rituali socializzanti
Tra chi pensa che l'arte sia un bene non necessario e chi di arte vive c'è una voragine. Un vuoto mentale colmato dagli eterni bambini che continuano a credere nelle poetiche del bello e le fanno proprie per offrirle a quanti credono nella bellezza e nella magia delle favole.
L'arte, sia essa teatro, musica, spettacolo in generale o estrinsecazione interiore affidata alle cromie compositive, insomma tutta la creatività che l'umano sentire realizza e pone in essere è la forma più alta dell'ingegno a cui l'uomo affida cuore e carne.
Eppure nella fredda e razionale dicotomia il pathos che lega la ragione al cuore, cioè la parte destra del cervello, quella puramente creativa in cui risiede l'irrazionale e viscerale bellezza, là dove gli equilibri squisitamente mentali assurgono ad opere eterne partorite dalla miniera aurea e sovrumana è annichilita dalle teorie dei bisogni primari e impellenti come se il bello, l'arte, il sublime, il divino dono fosse un di più. Un optional cui si possa eliminare quasi fosse un fardello inutile, un'appendice dolorosa quanto superflua e infruttuosa.
Nell'era del covid i luoghi dell'anima sono discriminati. Teatri, musei, cinema, sono ritenute zone off limits. Come pure i bar e i centri di ristoro.
La paura e il terrore indotto sono brutte bestie. Alcuni imprenditori e i dipendenti soffrono in prima persona per il mancato introito.
Il momento è difficile!
Come già detto sulla pagina di facebook, intendo dare il mio apporto con l'unico modo che ho a disposizione: la creatività!
t.m. mis. 51x84 "rituali socializzanti"