RADICI "scrittura, gesto, azione"

Origine. Origini.


È nato prima l'uovo o la gallina? Meglio l'uovo oggi o la gallina domani? Quesiti banali che facevamo da ragazzi e ai quali non sapevamo dare risposte soddisfacenti perché ci sembrava che l'uno escludesse l'altro e mettesse in discussione l'origine della vita e del mondo.
Giochi verbali che ponevano dubbi esistenziali nelle nostre giovani menti.
mario iannino 2018 "radici"

Dubbi che Gustave Courbet fugò senza indugi col suo celebre dipinto dall'esplicito titolo “l'origine del mondo”.

Non c'è bisogno della macchina del tempo per tornare indietro e rivisitare contemporaneamente le persone e i luoghi cari dell'infanzia. Basta mettere in azione la memoria! Per fare ammenda delle mancanze nei riguardi delle persone che abbiamo conosciuto e della superficialità con cui abbiamo concluso azioni e dialoghi.

Superata la fase della contestazione generazionale si ridà valore ai valori, altrimenti a cosa servirebbe la ben nota “maturità” che si conquista vivendo?
Nessuna eccezione! Se, ripercorrendo la storia delle origini familiari si guarda con occhi diversi la storia dei singoli legami affettivi e, nel concreto, i fatti sociali assumono differenti valenze. Non è cambiare idea o mentalità rispetto ai dati acquisiti ma è una rivoluzione culturale che spesso rimette ordine e chiarisce congetture.

Nella mia storia familiare è con rammarico che ripenso all'infanzia e al rapporto coi miei genitori e i nonni che, per colpa di circostanze avverse, non ho potuto godere appieno la loro presenza.

Di nonna Teresa ricordo persino l'odore. I suoi baci e gli abbracci quando andavo a trovarla. Il primo pensiero di mia madre, quando tornavo dal collegio per le vacanze e quando ripartivo, consisteva nel mandarmi da lei. Salutarla e farle sapere di essere tornato in famiglia.
a mio nonnoE, come tutte le donne del sud, il primo pensiero di nonna era di sincerarsi che io non avessi fame. Assodato ciò, srotolava il fazzoletto e mi porgeva dieci lire. Tieni! Diceva. Comprati qualcosa che io non sono potuta uscire. Non mi “fidu figghjiu. Ormai su vecchjia!”.
A quei tempi dieci lire erano un tesoretto. Potevi portare via mezzo vasetto di liquirizie dalla bottega, “sciangomme” e qualche “cri cri”, ottimi bon bon con la scorza di cioccolato sottile ripieni di panna.

Nonna Teresa viveva da sola da tanto tempo. Lei era molto anziana e si affaticava per niente. Anche salire la scala che portava su alle stanze da letto l'affaticava. Poi, iniziò a non scendere affatto al piano sottostante. Lasciava la porta d'ingresso chiusa ma con la chiave alla toppa.

Nonno Antonio, il marito, non lo ricordo affatto. È morto quando ero molto piccolo. Nonna, credo avesse raggiunto la venerabile età di cento anni. Aveva perso la vista da un occhio totalmente e dall'altro vedeva solo ombre ma il cervello e l'udito sopperivano alle lacune della vista. Dal rumore dei passi capiva chi entrava o usciva e la direzione che prendeva dentro casa.

I nonni materni non li ho conosciuti affatto. Loro, nonno Carlo e nonna Angela abitavano in un paese vicino. Di lui ricordo la foto che mia madre teneva sul comò; mentre quella di mio padre era sistemata in alto, all'angolo della stanza da letto con la lucina sempre accesa. C'era anche la fotografia del fratello di mamma, deceduto in guerra. Un bel giovane, in divisa da ufficiale.
Dai racconti di mia madre, che l'adorava, compresi che il nonno aveva un carisma ineguagliabile ed era rispettato in paese.
Mamma ne parlava con trasporto. D'altronde lei era la piccolina in famiglia ed era al centro delle attenzioni di tutti, in special modo di papà Carlo. Mio nonno.

Anche se l'assenza è stata sapientemente colmata dai racconti di mia madre avrei voluto conoscerlo in carne e ossa, sentire il suono della sua voce, la delicata forza delle sue carezze! Parlare con lui e non col suo dagherrotipo. Cosa che facevo spesso. E oggi, con la sua fotografia tra le mani rimodulo il tempo e la storia. Dialogo.
Interagisco con lui e con quanti non ho potuto sviscerare sentimenti e pensieri. Intendo colmare il vuoto che si è creato nell'arco temporale attraverso la materia, il gesto, il colore.


La fotografia datata riporta la mente nei luoghi lontani; il salto temporale è scontato. Quanta nostalgia! Siamo ai primordi della fotografia. All'immagine che prende forma lentamente avvolta dall'aura poetica del bianco e nero, siamo tra l'otto e il novecento del secolo passato. Immagini di persone care impresse su carta alla gelatina ai sali d'argento che narrano storie differenti.

Di nonna Angela, la moglie di nonno Carlo, non ho ricordi visivi in assoluto e neanche fotografie.

Ho, invece, una curiosità ricorrente che mi fa sorridere. Il suo cognome: Marcella!

Nonna Angela era dura; decisa e tenace; intransigente nelle questioni domestiche e categorica sull'educazione da impartire ai figli.
Insomma i nonni materni erano agli antipodi. Nonno Carlo era un uomo sensibile e colto, un sognatore; un artista; un musicista che campava dei prodotti della terra.
All'epoca dei fatti accennati i matrimoni erano combinati dai genitori di entrambi. Nella donna era tenuto in grande considerazione il fattore familiare, l'educazione al buon governo della famiglia, l'esperienza nell'economia domestica ed era un vanto il non avere mai avuto bisogno delle cure mediche. Assodato ciò si discuteva della dote di entrambi.
Altri tempi. Tempi lontani da rivisitare.


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