RADICI "scrittura, gesto, azione"
Origine. Origini.
È nato prima l'uovo o la gallina?
Meglio l'uovo oggi o la gallina domani? Quesiti banali che facevamo
da ragazzi e ai quali non sapevamo dare risposte soddisfacenti perché
ci sembrava che l'uno escludesse l'altro e mettesse in discussione
l'origine della vita e del mondo.
Giochi verbali che ponevano dubbi
esistenziali nelle nostre giovani menti.
Dubbi che Gustave Courbet fugò senza
indugi col suo celebre dipinto dall'esplicito titolo “l'origine del
mondo”.
Non c'è bisogno della macchina del
tempo per tornare indietro e rivisitare contemporaneamente le persone
e i luoghi cari dell'infanzia. Basta mettere in azione la memoria!
Per fare ammenda delle mancanze nei riguardi delle persone che
abbiamo conosciuto e della superficialità con cui abbiamo concluso
azioni e dialoghi.
Superata la fase della contestazione
generazionale si ridà valore ai valori, altrimenti a cosa servirebbe
la ben nota “maturità” che si conquista vivendo?
Nessuna eccezione! Se, ripercorrendo la
storia delle origini familiari si guarda con occhi diversi la storia
dei singoli legami affettivi e, nel concreto, i fatti sociali
assumono differenti valenze. Non è cambiare idea o mentalità
rispetto ai dati acquisiti ma è una rivoluzione culturale che spesso
rimette ordine e chiarisce congetture.
Nella mia storia familiare è con
rammarico che ripenso all'infanzia e al rapporto coi miei genitori e
i nonni che, per colpa di circostanze avverse, non ho potuto godere
appieno la loro presenza.
Di nonna Teresa ricordo persino
l'odore. I suoi baci e gli abbracci quando andavo a trovarla. Il
primo pensiero di mia madre, quando tornavo dal collegio per le
vacanze e quando ripartivo, consisteva nel mandarmi da lei. Salutarla
e farle sapere di essere tornato in famiglia.
E, come tutte le donne del sud, il
primo pensiero di nonna era di sincerarsi che io non avessi fame.
Assodato ciò, srotolava il fazzoletto e mi porgeva dieci lire.
Tieni! Diceva. Comprati qualcosa che io non sono potuta uscire. Non
mi “fidu figghjiu. Ormai su vecchjia!”.
A quei tempi dieci lire erano un
tesoretto. Potevi portare via mezzo vasetto di liquirizie dalla
bottega, “sciangomme” e qualche “cri cri”, ottimi bon
bon con la scorza di cioccolato sottile ripieni di panna.
Nonna Teresa viveva da sola da tanto
tempo. Lei era molto anziana e si affaticava per niente. Anche
salire la scala che portava su alle stanze da letto l'affaticava.
Poi, iniziò a non scendere affatto al piano sottostante. Lasciava la
porta d'ingresso chiusa ma con la chiave alla toppa.
Nonno Antonio, il marito, non lo
ricordo affatto. È morto quando ero molto piccolo. Nonna, credo
avesse raggiunto la venerabile età di cento anni. Aveva perso la
vista da un occhio totalmente e dall'altro vedeva solo ombre ma il
cervello e l'udito sopperivano alle lacune della vista. Dal rumore
dei passi capiva chi entrava o usciva e la direzione che prendeva
dentro casa.
I nonni materni non li ho conosciuti
affatto. Loro, nonno Carlo e nonna Angela abitavano in un paese
vicino. Di lui ricordo la foto che mia madre teneva sul comò; mentre
quella di mio padre era sistemata in alto, all'angolo della stanza da
letto con la lucina sempre accesa. C'era anche la fotografia del
fratello di mamma, deceduto in guerra. Un bel giovane, in divisa da
ufficiale.
Dai racconti di mia madre, che
l'adorava, compresi che il nonno aveva un carisma ineguagliabile ed
era rispettato in paese.
Mamma ne parlava con trasporto.
D'altronde lei era la piccolina in famiglia ed era al centro delle
attenzioni di tutti, in special modo di papà Carlo. Mio nonno.
Anche se l'assenza è stata
sapientemente colmata dai racconti di mia madre avrei voluto
conoscerlo in carne e ossa, sentire il suono della sua voce, la
delicata forza delle sue carezze! Parlare con lui e non col suo
dagherrotipo. Cosa che facevo spesso. E oggi, con la sua fotografia
tra le mani rimodulo il tempo e la storia. Dialogo.
Interagisco con lui e con quanti non ho
potuto sviscerare sentimenti e pensieri. Intendo colmare il vuoto che
si è creato nell'arco temporale attraverso la materia, il gesto, il colore.
La fotografia datata riporta la mente
nei luoghi lontani; il salto temporale è scontato. Quanta
nostalgia! Siamo ai primordi della fotografia. All'immagine che
prende forma lentamente avvolta dall'aura poetica del bianco e nero,
siamo tra l'otto e il novecento del secolo passato. Immagini di
persone care impresse su carta alla gelatina ai sali d'argento che
narrano storie differenti.
Di nonna Angela, la moglie di nonno
Carlo, non ho ricordi visivi in assoluto e neanche fotografie.
Ho, invece, una curiosità ricorrente
che mi fa sorridere. Il suo cognome: Marcella!
Nonna Angela era dura; decisa e tenace;
intransigente nelle questioni domestiche e categorica sull'educazione
da impartire ai figli.
Insomma i nonni materni erano agli
antipodi. Nonno Carlo era un uomo sensibile e colto, un sognatore; un
artista; un musicista che campava dei prodotti della terra.
All'epoca dei fatti accennati i matrimoni erano combinati dai genitori di entrambi. Nella donna era tenuto in grande considerazione il fattore familiare, l'educazione al buon governo della famiglia, l'esperienza nell'economia domestica ed era un vanto il non avere mai avuto bisogno delle cure mediche. Assodato ciò si discuteva della dote di entrambi.
Altri tempi. Tempi lontani da rivisitare.
All'epoca dei fatti accennati i matrimoni erano combinati dai genitori di entrambi. Nella donna era tenuto in grande considerazione il fattore familiare, l'educazione al buon governo della famiglia, l'esperienza nell'economia domestica ed era un vanto il non avere mai avuto bisogno delle cure mediche. Assodato ciò si discuteva della dote di entrambi.
Altri tempi. Tempi lontani da rivisitare.