Valori immutabili, biografia romanzata d'autore
UNA FAMIGLIA DA RECORD.
Una persona speciale.
16 figli nel 2014 sono una bella cifra
sotto ogni punto di vista. Sedici figli più due genitori formano una
piccola comunità composta da 18 persone ognuna con esigenze diverse.
C'è chi si siede nei banchi della scuola primaria, media o
superiore. Chi lavora e chi fa i mestieri in casa.
Comunque la si pone, la notizia,
suscita curiosità; differentemente a quanto accadeva negli anni
50/60. In quegli anni vigeva ancora la cultura della famiglia
numerosa. “Poveri di soldi ma ricchi di sangue” si sentiva dire
spesso nelle case chiassose dei calabresi composte da almeno sette
figli. Ma c'era anche chi, seguendo fedelmente le parole di
Mussolini, continuava a sfornare figli per la Patria nonostante il
bellicoso ventennio fosse finito da un pezzo.
Il compare Girò era uno di questi.
Anzi, per dirla con la giornalista, fu il primo padre di famiglia
calabrese al quale affibbiare la medaglia dei record con certezza.
I più informati dicevano che la
moglie, la comare Francisca, un donnone dallo sguardo dolce che
sottolineava il suo stato di grazia feconda col sorriso, comunque
sempre affaccendata, era perennemente col pancione e ne sfornò,
pare, oltre venti ma solo 18 sopravvissero.
Era un omino piccolo e socievolissimo.
Ciarliero e simpatico, il compare Girò. Al passo coi tempi per
quanto concerneva gli ultimi ritrovati tecnologici. Fu lui a portare
il primo magnetofono in quel paesino delle Serre Calabresi noto per
il Santuario Mariano dedicato alla Madonna delle Grazie.
La scatola magica registrava e
diffondeva la voce nell'immediatezza. Anziani e ragazzi guardavano
con curiosità la scatola biancastra e chiedevano come era possibile
risentire voce e musica dal nastro che girava da una ruota all'altra
passando tra dei cilindretti lucidi.
Altra curiosità, visto il numero della
prole, durante il giorno solo i due più piccini stavano in casa in
compagnia della comare Francisca. Gli altri, dai tre anni in su,
girovagavano con gli amichetti per le vie del paese o andavano per
more nelle campagne a ridosso delle case quando i rovi fruttificavano
e non disdegnavano le nocciuole verdi vanto delle colture autoctone
del territorio di Torre di Ruggiero.
Anche il compare Girò era un tipo che
non stava mai fermo. Girovagava sempre. A cavallo della sua Gilera
faceva visita a parenti e amici dei paesi vicini.
Fu così che lo conobbi a casa di
comuni amici.
Ricordo una tavolata enorme che
iniziava dal focolare in cucina e finiva quasi a ridosso del balcone
in soggiorno passando per l'enorme porta che divideva i due ambienti.
E lì, sul ripiano alto del carrello
delle bevande, tra bicchierini e liquori fatti in casa, faceva bella
mostra di sé il registratore.
Io non mangiai e tra i richiami di mia
madre che mi esortava a fare attenzione e l'incitamento del compare
Girò canticchiai una canzoncina che ascoltai fino a sfinire i
commensali. Avevo all'incirca cinque sei anni e feci simpatia al
compare Girò, Vincenzo Barbieri all'anagrafe di Torre di Ruggiero,
che chiese ai miei di concedergli la gioia di potermi fare da
padrino. Cosa che avvenne nel 1962-63, anno della V elementare. Poi,
partì per Napoli, dove proseguii gli studi tra i salesiani del Don
Bosco.
Ricordo le buone maniere fuori tempo di
quell'uomo ancorato ai sani concetti e ad un'ideologia mai esistita
se non nella sua testa. E mi sorprese, quando, di ritorno per le
vacanze estive dal collegio, mi salutò dandomi del “voi” per
educazione.